Scritti messi voce di fiabe, favole, racconti e altre storie create da Gianni Rodari per i suoi primi Cento anni. “La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”.
Inventiamoli, comincio io. Quasi uno, quasi due, quasi tre, quasi quattro, quasi cinque, quasi sei.
E troppo poco. Senti questi: uno stramilione di biliardoni, un ottone di millantoni, un meravigliardo e un meraviglione.
Io allora inventerò una tabellina: tre per uno Trento e Belluno tre per due bistecca di bue tre per tre latte e caffè tre per quattro cioccolato tre per cinque malelingue tre per sei patrizi e plebei tre per sette torta a fette tre per otto piselli e risotto tre per nove scarpe nuove tre per dieci pasta e ceci.
Giovannino Perdigiorno era un grande viaggiatore. Viaggia e viaggia, una volta capitò in un paese dove gli spigoli delle case erano rotondi, e i tetti non finivano a punta ma con una gobba dolcissima. Lungo la strada correva una siepe di rose e a Giovannino venne lì per lì l’idea di infilarsene una all’occhiello. […]
Scritti messi voce di fiabe, favole, racconti e altre storie create da Gianni Rodari per i suoi primi Cento anni. “La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”.
Una volta un ragazzo di nome Tonino andò a scuola che non sapeva la lezione ed era molto preoccupato al pensiero che il maestro lo interrogasse. «Ah, – diceva tra sé, – se potessi diventare invisibile…» Il maestro fece l’appello, e quando arrivò al nome di Tonino, il ragazzo rispose: – Presente! – ma nessuno lo sentì, e il maestro disse: – Peccato che Tonino non sia venuto, avevo giusto pensato di interrogarlo. Se è ammalato, speriamo che non sia niente di grave. […]
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Il re Mida era un grande spendaccione, tutte le sere dava feste e balli, finché si trovò senza un centesimo. Andò dal mago Apollo, gli raccontò i suoi guai e Apollo gli fece questo incantesimo: – Tutto quello che le tue mani toccano deve diventare oro. […]
Questa è la storia di Alice Cascherina, che cascava sempre e dappertutto. Il nonno la cercava per portarla ai giardini: – Alice! Dove sei, Alice? Sono qui, nonno. – Dove, qui? Nella sveglia. Sì, aveva aperto lo sportello della sveglia per curiosare un po’, ed era finita tra gli ingranaggi e le molle, ed ora le toccava di saltare continuamente da un punto all’altro per non essere travolta da tutti quei meccanismi che scattavano facendo tic-tac. Un’altra volta il nonno la cercava per darle la merenda: – Alice! Dove sei, Alice? Sono qui, nonno. – Dove, qui? Ma proprio qui, nella bottiglia. Avevo sete, ci sono cascata dentro. […]
– Prendi il fucile, Giuseppe, prendi il fucile e vai a caccia, – disse una mattina al suo figliolo quella donna. – Domani tua sorella si sposa e vuol mangiare polenta e lepre. Giuseppe prese il fucile e andò a caccia. Vide subito una lepre che balzava da una siepe e correva in un campo. Puntò il fucile, prese la mira e premette il grilletto. Ma il fucile disse: Pum!, proprio con voce umana, e invece di sparar fuori la pallottola la fece cadere per terra. […]
Un vecchio topo di biblioteca andò a trovare i suoi cugini, che abitavano in solaio e conoscevano poco il mondo. – Voi conoscete poco il mondo, – egli diceva ai suoi timidi parenti, – e probabilmente non sapete nemmeno leggere. – Eh, tu la sai lunga, – sospiravano quelli. – Per esempio, avete mai mangiato un gatto? – Eh, tu la sai lunga. Ma da noi sono i gatti che mangiano i topi. – Perché siete ignoranti. […]
Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l’aria e l’acqua. Era di carne e d’ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente. Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro vasca. Una volta, per sbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente poté vedere come una palla di fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verità e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua vita non disse più bugie. […]
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Giovannino Perdigiorno, gran viaggiatore e famoso esploratore, capitò una volta nel paese degli uomini di burro. A stare al sole si squagliavano, dovevano vivere sempre al fresco, e abitavano in una città dove al posto delle case c’erano tanti frigoriferi. Giovannino passava per le strade e li vedeva affacciati ai finestrini dei loro frigoriferi, con una borsa di ghiaccio in testa. Sullo sportello di ogni frigorifero c’era un telefono per parlare con l’inquilino. […]
Un mio amico cosmonauta è stato sul pianeta x213, e mi ha portato per ricordo il menù di un ristorante di lassù. Ve lo ricopio tale e quale: ANTIPASTI Ghiaia di fiume in salsa di tappi – Crostini di carta asciugante Affettato di carbone MINESTRE Rose in brodo […]
Sono andato al ricovero dei vecchi a trovare un vecchio muratore. Erano tanti anni che non ci vedevamo. – Hai viaggiato? – mi domanda. – Eh, sono stato a Parigi. – Parigi, eh? Ci sono stato anch’io, tanti anni fa. Costruivamo un bel palazzo proprio in riva alla Senna. Chissà chi ci abita. E poi dove sei stato? – Sono stato in America. – L’America, eh? Ci sono stato anch’io, tanti anni fa, chissà quanti. Sono stato a Nuova York, a Buenos Aires, a San Paulo, a Montevideo. Sempre a fare case e palazzi e a piantare bandiere sui tetti. […]
Due bambini, nella pace del cortile, giocavano a inventare una lingua speciale per poter parlare tra loro senza far capire nulla agli altri. Brif, braf, – disse il primo. Braf, brof, – rispose il secondo. E scoppiarono a ridere. Su un balcone del primo piano c’era un vecchio buon signore a leggere il giornale, e affacciata alla finestra dirimpetto c’era una vecchia signora né buona né cattiva. – Come sono sciocchi quei bambini, – disse la signora. Ma il buon signore non era d’accordo: – Io non trovo. […]
A tredici anni Romoletto venne assunto come aiuto garzone al bar Italia. Gli affidarono i servizi a domicilio, e tutto il giorno egli correva su e giù per strade e per scale, reggendo in equilibrio vassoi pericolosamente carichi di chicchere, tazze e bicchieri. Più che altro gli davano fastidio le scale: a Roma, come del resto in altri posti del mondo, le portinaie sono gelose dei loro ascensori e ne vietano l’accesso, di persona o con cartelli, a baristi, lattai, fruttaroli e simili. […]
C’era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Giallo. No, Rosso! Ah, Sì, Cappuccetto Rosso. La sua mamma la chiamò e le disse: Senti, Cappuccetto Verde… Ma no, Rosso! Ah, Sì, Rosso. Vai dalla zia Diomira a portarle questa buccia di patata. No: vai dalla nonna a portarle questa focaccia. Va bene. La bambina andò nel bosco e incontrò una giraffa. Che confusione! Incontrò un lupo, non una giraffa. E il lupo le domandò: «Quanto fa sei per otto?» – Niente affatto. Il lupo le chiese: «Dove vai?» […]
C’era una volta una bambina che ogni sera, al momento di andare a letto, diventava piccola piccola: Mamma, – diceva, – sono una formica. E la mamma capiva che era ora di metterla a dormire. Allo spuntare del sole la bambina si svegliava, ma era ancora piccolissima, ci stava tutta sul cuscino e ne avanzava un pezzo. Alzati, – diceva la mamma. Non posso, – rispondeva la bambina, – non posso, sono ancora troppo piccola. Adesso sono come una farfalla. Aspetta che ricresca. E dopo un po’ esclamava: – Ecco, ora sono ricresciuta. Con uno strillo balzava dal letto e cominciava la nuova giornata.
Al mercato di Gavirate capitano certi ometti che vendono di tutto, e più bravi di loro a vendere non si sa dove andarli a trovare. Un venerdì capitò un ometto che vendeva strane cose: il Monte Bianco, l’Oceano Indiano, i mari della Luna, e aveva una magnifica parlantina, e dopo un’ora gli era rimasta solo la città di Stoccolma. La comprò un barbiere, in cambio di un taglio di capelli con frizione. Il barbiere inchiodò tra due specchi il certificato che diceva: Proprietario della città di Stoccolma, e lo mostrava orgoglioso ai clienti, rispondendo a tutte le loro domande. È una città della Svezia, anzi è la capitale. Ha quasi un milione di abitanti, e naturalmente sono tutti miei. […]
Un giorno il piccolo Claudio giocava sotto il portone, e sulla strada passò un bel vecchio con gli occhiali d’oro, che camminava curvo, appoggiandosi a un bastone, e proprio davanti al portone il bastone gli cadde. Claudio fu pronto a raccoglierlo e lo porse al vecchio, che sorrise e disse: Grazie, ma non mi serve. Posso camminare benissimo senza. Se ti piace, tienilo. E senza aspettare risposta si allontanò, e pareva meno curvo di prima. […]
A Sant’Antonio, sul Lago Maggiore, viveva una donnina tanto brava a fare la marmellata, così brava che i suoi servigi erano richiesti in Valcuvia, in Valtravaglia, in Val Dumentina e in Val Poverina. La gente, quand’era la stagione, arrivava da tutte le valli, si sedeva sul muricciolo a guardare il panorama del lago, coglieva qualche lampone dai cespugli, poi chiamava la donnina della marmellata: Apollonia! – Che c’è? Me la fareste una marmellata di mirtilli? Eccomi. […]
Un topolino dei fumetti, stanco di abitare tra le pagine di un giornale e desideroso di cambiare il sapore della carta con quello del formaggio, spiccò un bel salto e si trovò nel mondo dei topi di carne e d’ossa. – Squash! – esclamò subito, sentendo odor di gatto. – Come ha detto? – bisbigliarono gli altri topi, messi in soggezione da quella strana parola. […]
Una mattina il filobus numero 75, in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume, invece di scendere verso Trastevere, prese per il Gianicolo, svoltò giù per l’Aurelia Antica e dopo pochi minuti correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza. I viaggiatori, a quell’ora, erano quasi tutti impiegati, e leggevano il giornale, anche quelli che non lo avevano comperato, perché lo leggevano sulla spalla del vicino. Un signore, nel voltar pagina, alzò gli occhi un momento, guardò fuori e si mise a gridare: Fattorino, che succede? Tradimento, tradimento! Anche gli altri viaggiatori alzarono gli occhi dal giornale, e le proteste diventarono un coro tempestoso: – Ma di qui si va a Civitavecchia! […]
GIUDICE Imputato, alzatevi! Come vi chiamate? IMPUTATO Rossi Alberto, nipote di Rossi Pio. GIUDICE Conosco il signor Rossi Pio: ottima persona sotto tutti i punti di vista. Di che cosa siete accusato? PUBBLICO MINISTERO Per l’appunto, signor Giudice, l’imputato è accusato di avere gravemente offeso suo zio. Si figuri che in un tema in classe ha scritto: «Lo zio è il padre dei vizi»! LO ZIO Capisce? E non sono nemmeno sposato! […]
Una volta Alice Cascherina andò al mare, se ne innamorò e non voleva mai uscire dall’acqua. Alice, esci dall’acqua, – la chiamava la mamma. Subito, eccomi, – rispondeva Alice. Invece pensava: – Starò in acqua fin che mi cresceranno le pinne e diventerò un pesce. Di sera, prima di andare a letto, si guardava le spalle nello specchio, per vedere se le crescevano le pinne, o almeno qualche squama d’argento. Ma scopriva soltanto dei granelli di sabbia, se non si era fatta bene la doccia. Una mattina scese sulla spiaggia più presto del solito e incontrò un ragazzo che raccoglieva ricci e telline. Era figlio di pescatori, e sulle cose di mare la sapeva lunga. […]
Una volta Giovannino Perdigiorno decise di andare a Roma a toccare il naso del re. I suoi amici lo sconsigliavano dicendo: – Guarda che è una cosa pericolosa. Se il re si arrabbia ci perdi il tuo naso con tutta la testa. Ma Giovannino era cocciuto. Mentre preparava la valigia, per fare un po’ di allenamento andò a trovare il curato, il sindaco e il maresciallo e toccò il naso a tutti e tre con tanta prudenza e abilità che non se ne accorsero nemmeno. «Ecco che non è difficile», pensò Giovannino. […]